Descrizione
Chi volesse avere maggiori informazioni sul Santuario e sul Giubileo 2000 può visitare il sito: http://digilander.libero.it/mariaoggi/santuariomadonna.htm
La chiesa sorge entro l’antica corte benedettina chiamata “Fonzase” (dal latino “fondere”) e poi Scaldaferro, toponimi che segnalano la presenza di una fucina, dove si lavorano già dal secolo X gli utensili necessari alle opere di bonifica delle terre circostanti il monastero. Proprio attorno a questa attività si formò il primo nucleo abitativo della borgata o contrada di Scaldaferro, in zona a ridosso delle strutture di contenimento delle acque del Brenta, divenuta all’inizio del sec. XV proprietà della famiglia veneziana dei Mocenigo.
La tradizione fa risalire all’agosto del 1665 la data in cui sul muro esterno della fattoria dominicale venne dipinta l’immagine della Vergine Maria “emanante raggi di luce”.
Si tratta di un affresco, risalente secondo gli studiosi alla seconda metà del XVII secolo, di paternità ignota. Riconosciuta invece dalla devozione popolare la matrice divina, venne subito eretto un capitello e un sacello con altare. Infatti nonostante l’insalubrità del luogo, fiancheggiato da una conca di acqua stagna, molti fedeli accorsero a pregare la Vergine invocandone la protezione e particolari grazie per gli ammalati.
Nell’anno 1698 Paolina Mocenigo Malipiero sposò il Conte Girolamo Venier portando in dote i possedimenti di Scaldaferro: questa famiglia di sincera devozione mariana, nel 1715 fece costruire un tempietto ottagonale, decorato a stucco, con altare dedicato alla Vergine, inoltre, sulle quattro colonne del precedente sacello, elevò il campanile. Nell’anno 1756 giunse a Scaldaferro in qualità di custode un eremita fraancescano Gian Maria Violin, sotto il cui influsso fu incoronata l’immagine della Vergine.
Il territorio di Scaldaferro vide l’alternarsi di diversi tenutari, che esercitarono lo ius patronatus anche sulla chiesa: dopo i Venier, che istituirono la mansioneria, fu la volta dei Contarini, dall’anno 1792, quindi i conti Scaramuzza, dal 1830 l’Arciduca Ranieri d’Austria, Vice Re del regno Lombardo veneto, dal 1840, i Conti De Bordeaux, dal 1881, ed infine le terre passarono nel 1910 alla famiglia Gonzato.
Nel 1902 divenne parroco di Pozzoleone don Elia Dalla Costa, futuro Cardinale e graziato egli stesso dalla Madonna. Il suo impegno in favore del Santuario mise fine allo ius patronatus durato per secoli, ottenendo nel 1910 dai conti De Bordeaux, raffigurati nei due medaglioni sulla facciata dell’edificio sacro, la donazione della chiesa di Scaldaferro al beneficio parrocchiale di Pozzoleone. Fu sempre il Dalla Costa, ormai Vescovo di Padova, a benedire il giorno 8 settembre 1923 il nuovo Santuario della Madonna di Scaldaferro, notevolmente ampliato. Eretto a parrocchia nel 1954, fu successivamente dotato di un ulteriore spazio sacro: il Porticale. L’ex stalla, sapientemente restaurata sotto la direzione di don Giulio Dall’Olmo, ospita oggi le grandi cerimonie.
Attualmente la chiesa è officiata da una Comunità Marianista, chiamata a reggere il Santuario dal Vescovo di Vicenza dal 1993.
MARIA NELLA PIETA’ POPOLARE
La figura della Vergine è probabilmente uno dei simboli culturali più forti, che permea profondamente ogni espressione e manifestazione religiosa Il contatto tra il devoto e la Madonna avviene con un esplicito appello di intervento, che è espressione della fiducia totale nell’intercessione di Maria e caratteristica principale della devozione a lei rivolta Si può affermare che se la stona del culto mariano si riallaccia direttamente alla tradizione evangelico-liturgica, studiata nel suo mistero dai teologi, la percezione della sua potenza “dispensatrice di tutte le grazie” è invece assunta direttamente e in modo quasi intuitivo dal sensus fìdelium. I cristiani hanno sempre visto nella Vergine la prima e la più grande tra i credenti, la testimone privilegiata dell’economia della salvezza al cui compimento ha contribuito da vicino mediante la sua totale adesione alla volontà di Dio Colta come colei che genera il Figlio di Dio, diventa Madre di tutti i credenti, capace di manifestare in un cuore umano tutta la potenza dell’amore divino. Inoltre è, rispetto ai fedeli, libera da ogni peccato, pura e santa, ma allo stesso tempo vicina alla storia dell’uomo, avendone condiviso le sofferenze, e avendo sopportato il dolore più grande: la morte del Figlio. Gli studiosi di religiosità popolare parlano di un elemento che rende unica la figura della Vergine: la sua “universalità” e “storicità”. Maria è infatti sopra tutti, Santa e Regina, eppure è per tutti nel suo intervenire costantemente in ogni luogo, ponendosi come guida e modello, ma soprattutto come Madre misericordiosa. A lei sono state dedicate chiese e soprattutto santuari, luoghi privilegiati di devozione, dove essere venerata, e “incontrata” dai fedeli che la invocano per chiedere “grazie”. Uno di questi è proprio il Santuario della Madonna Salus Infìrmorum di Scaldaferro, testimonianza di una fede autentica, che vede in Maria la prima soccorritrice delle sofferenze. L’affresco del miracolo la raffigura infatti con il manto tipico delle madri in attesa di un figlio e con lo scettro infilato nel grembiule, a simboleggiare come nella sua regalità, la Santa tra i Santi abbia assunto, con la premura e tenerezza di una mamma, il servizio dei più deboli, riconoscendo nel dolore di chi soffre il vero volto di Cristo. Ogni seconda domenica del mese il Santuario celebra la Giornata degli ammalati e particolarmente solenne è quella del mese di settembre.
L’IMMAGINE DELLA MADONNA SALUS INFIRMORUM
La sacra immagine della Madonna di Scaldaferro venne dipinta, secondo la tradizione, nella seconda metà del ‘600, in una nicchia murata esternamente la fattoria di casa Mocenigo, come attesta l’iscrizione sulla parte inferiore del dipinto, che reca la data del 1665.
Il restauro del 1984, l’ultimo compiuto, ne ha messo in luce la complessa vicenda artistica, dal momento che sono state scoperte, strato dopo strato, almeno cinque differenti figurazioni della Vergine. Tali trasformazioni si resero necessarie per l’effettiva salvaguardia dell’opera, esposta, in origine, alle intemperie e solo dal 1715 inserita nel Tempietto ottagonale. Contribuirono in modo notevole alla corrosione dell’affresco sia le infiltrazioni d’acqua nel muro, procurate dal ruscelletto che scorreva sotto lo stesso, sia la differenza di temperatura dei due ambienti separati dal muro, da una parte il caldo dei rustici contigui e dall’altra il fresco dell’edificio sacro. In origine la Madonna era raffigurata a mezzo busto e frontalmente; un velo scendeva dal capo e si poggiava sulla veste. Questa presentava uno scollo rotondo con ricami geometrici, arricchiti da un monile centrale e da sei pendagli. Sopra questa veste era una sorta di grembiule dall’orlo ricamato, dal quale usciva uno scettro. È probabilmente originale anche la cornice rettangolare dipinta attorno all’immagine della Vergine. Tra la seconda metà del ‘700 e l’inizio dell’ ‘800, vennero aggiunte ai lati della Madonna le figure di S. Antonio da Padova con giglio e libro, sulla sinistra, e S. Francesco d’Assisi con croce e libro, a destra, su di un paesaggio “trasparente” con profili di montagne sullo sfondo. Ai due santi, nominati compatroni della parrocchia, furono dedicate, assieme alle Vergine, le campane del campanile adiacente alla chiesa. Sembra si possa ascrivere allo stesso periodo l’incoronazione della Vergine con un diadema in metallo, lavorato artisticamente da un artigiano locale, la cui decorazione era impreziosita di pietre dure, perle, e quattro stelle d’oro. Vennero successivamente ridipinte le vesti della Madonna e scomparvero sia il grembiule sia lo scollo con monile e pendenti, che si trasformarono in una unica veste più semplice, dalla quale spuntava la mano sinistra reggente lo scettro, evidente aggiunta. Modificò ulteriormente l’immagine della Madonna la scomparsa della corona, poi ritrovata Ìn occasione del restauro del 1984; la Vergine comparve allora senza copricapo, con il velo, sul quale poi tornò a poggiare una corona, questa volta dipinta. L’ultimo già citato restauro ha voluto recuperare l’originaria figurazione della Vergine, quale ora troneggia sull’altare maggiore del Santuario di Scaldaferro: è questa l’immagine venerata da un’ininterrotta e sincera devozione popolare, segno della presenza di Maria nella vita dei fedeli.
La chiesa, al suo interno, presenta una pianta a croce inscritta, allungata dal presbiterio, che insiste sull’antico tempietto ottagonale. Qui è collocato l’altare maggiore, opera settecentesca, di stile barocco, che incornicia la Sacra immagine della Madonna. Il coro ligneo è del sec. XVIII, di scuola veneziana; al centro, l’altare rivolto al popolo conserva il paliotto “maria-no”, con scritta devozionale, inserito un tempo nell’altare principale, entro cui è stato adattato un paliotto ad intarsio marmoreo del Seicento. Sopra l’arco trionfale è una Gloria di angeli, opera di Ottorino Tassello di Bassano. Il Porticale, cui si accede sia dall’interno della chiesa, che dai lati e dal giardino esterno, ha mantenuto la struttura del rustico, con muratura in intonaco grezzo e copertura a capriate. Costruito tutto con materiale di recupero, conserva una balaustra in pietra tenera, due colonne tortili, entro cui è posto l’altare per la celebrazione, mentre dietro è ancora visibile la greppia originaria. Molte sono le grazie testimoniate nel tempo dai numerosissimi ex-voto presenti nel Santuario e appesi, in parte, alle pareti dello stesso Porticale.
IL PRESEPIO
La comunità di Scaldaferro offre ogni anno il proprio lavoro per l’allestimento di un presepio straordinario, premiato anche come Migliore Presepio Biblico del Mondo. Inaugurato nel 1971 dal suo grande promotore, don Giulio Dall’Olmo, si ispira fedelmente al Libro Sacro della Bibbia, riproducendo la nascita di Gesù nella grotta di Betlemme, assieme alle località e agli avvenimenti della Palestina. Una voce guida i visitatori nella scoperta degli scorci, nelle riflessioni meditative, nella comprensione del messaggio biblico. Scritte, scenari, piccoli particolari altamente simbolici vengono via via inquadrati con fasci luminosi, in una successione, anche temporale, che ripercorre i cicli dell’intera vita di Cristo. Chi vi entra rimane affascinato dalle ricostruzioni fedeli, dalle luci, dal sonoro, ma ancor più dal messaggio, che rimanda costantemente ad una riflessione sulla Storia della Salvezza, entro cui si colloca l’orizzonte di ogni cristiano.
VISITE AL PRESEPIO
Dal giorno di Natale e fino ai primi giorni di febbraio il presepe è aperto per le visite tutti i giorni:
dalle 9.00 alle 12,00
dalle 14.00 alle 18.00
da febbraio a giugno può essere visitato su preavviso (telefono 0444 462251)